Alla scoperta di Nemi, Bandiera arancione doc



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Sulle colline vulcaniche e tra i laghi dei Castelli romani, Nemi, dal latino Nemus, bosco, è una perla rara e merita a pieno titolo la Bandiera arancione del Touring. Non solo per la qualità della vita locale, della gastronomia (dal pane ai dolci, ai salumi...) e dell'attenzione con cui viene mantenuto il borgo, arroccato sul bordo del cratere con vista panoramica fino al mare di Anzio, ma anche per le storie e leggende millenarie che nasconde.

Una per tutte quella dell'imperatore Caligola. Originario di Anzio, l'imperatore con la peggiore fama dell'impero romano (insieme a Nerone) qui a Nemi è invece una specie di star. A sentire l'appassionato sindaco Alberto Bertucci, il pronipote di Cesare, Caio Cesare Germanico detto Caligola (che spunta qui e là su statue, scritte, mostre), fu un precursore e un grande visionario, tutt'altro che quello stolto sanguinario che nominò senatore il suo cavallo. Anzi, fu un fine politico che con quell'azione volle porre in evidenza la vacuità e l'inutilità di molti dei membri del senato. Ma era pur sempre un imperatore romano. E volle far costruire due navi che occupavano praticamente tutto il laghetto di Nemi. Più che navi, regge galleggianti con tanto di colonne e pavimenti intarsiati di marmi pregiati.

Con la sua morte (una fotocopia dell'eliminazione del suo avo, con 30 coltellate) le navi lunghe 70 metri furono affondate nel lago con tutto i loro carico prezioso e recuperate solo nel 1930 in piena era fascista, sull'onda della retorica imperial-romana, con un'opera di altissima ingegneria idraulica (fu svuotato il lago intero). Portate a riva, furono restaurate e intorno a loro fu costruito un museo ad hoc. Durante la ritirata nella Seconda Guerra Mondiale però i tedeschi in piena febre iconoclasta le bruciarono: ora il museo ospita i grandi modelli con tutte le suppellettili d'epoca recuperate e salvate dal rogo.

Ma questa è solo una delle sorprese archeologiche di Nemi. Tutta la zona intorno al lago è una miniera di reperti che risale anche a secoli prima di Roma. E proprio il mese scorso sono ripresi gli scavi, con la collaborazione del Comune, Sovrintendenza dei Beni Archeologici della capitale e l'Università di Perugia per mettere in luce un grande tempio dedicato a Diana, prima che diventasse la aggresiva dea della caccia, quando era ancora la dea madre, divinità legata alle fonti, ai riti della fecondazione, ai boschi. Culto che ancora oggi resiste in una singolare comunità di fedeli che celebra ogni 15 agosto singolari riti con offerte di frutta, monete e sedute di meditazioni nella foresta.

Info:
www.bandierearancioni.it/comune/120
www.nemi.rm.gov.it;
www.museonaviromane.it

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Pubblicato il

17 ottobre 2013

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