È uno dei prodigi urbani che offre questa parte di Toscana, nella ricchezza della campagna senese tra val d’Orcia e Valdichiana. E in effetti, prima che d’arte, o insieme, bisognerebbe parlare a proposito di Muntepulciano di olio (Dop Terre di Siena), vino (Nobile, o Valdichiana, o Rosso Montepulciano), susine dell’antica varietà Mascina, pecorino e salsicce in tavola e su banchi di botteghe; e a proposito di botteghe, di artigianato del ferro e del legno, di laboratori di mosaico. Poi però vince l’immagine del borgo, sulla cresta di un’altura (m 605), di remota origine tardo etrusca, di nobile aspetto e altissimo tono rinascimentale. Il primo acuto è ai piedi del colle: l’isolata chiesa di S. Biagio, a croce greca con alta cupola, paradigmatico capolavoro di Antonio da San Gallo il Vecchio (1518-45). Poi si sale – per le vie di Gracciano, di Voltaia, dell’Opio nel Corso – tra palazzi rinascimentali a bugnato legati ai nomi del Sangallo stesso, del Vignola, del Peruzzi, belle chiese (S. Agostino, cui attese il Michelozzo), scorci di ripidi vicoli scavalcati da archi e volte, improvvisi panorami. Infine, in cima, ancora in lieve pendenza, la ventosa e suggestiva piazza Grande, sistemata nel ’400 da Michelozzo. Se si sale ancora, sulla torre del sobrio Palazzo comunale, la vista spazia dall’Amiata a Siena, al Trasimeno, al monte Subasio. Danno sulla piazza anche la facciata di muro grezzo del Duomo (1592-1630), il campanile isolato dell’antica pieve e il palazzo Nobili-Tarugi, dal profondo loggiato terreno.
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