Una rocca, un vino (anzi più vini, ma il sublime Brunello su tutti) e un olio prezioso che vengono dai colli tra l’Asso e l’Ombrone, una cura che passa naturalmente dalla tavola all’ambiente urbano e viceversa, frutto della cultura più che dei disciplinari. Questa, in sintesi, la “chimica” di Montalcino. Il paese sorge al sommo di un poggio (m 567), coronato dalla Rocca che i senesi eressero nel 1361 e in cui si rifugiarono per quattro anni – dal 1555 – 650 famiglie fuoriuscite in difesa della Repubblica contro Medici e imperiali. Senese e per lo più trecentesco è il tono dell’architettura. Nella piazza del Popolo, centro del nucleo murato medievale, prospettano il palazzo dei Priori (sec. XIII-XIV), con alta torre e portico terreno a volte ribassate, e la vicina loggia gotica. La Rocca, oltre a suggestioni storiche, propone un grande panorama dagli spalti e gli allettamenti dell’enoteca al pianoterra del mastio. Nel cortile si tengono manifestazioni estive, che in occasione della Sagra del Tordo debordano per le vie della città. Dipinti di scuola senese, soprattutto del XIV-XV secolo, si vedono nel Museo diocesano attiguo alla trecentesca chiesa di S. Agostino, dal bel portale gotico in marmo. Più in basso, dal piazzale presso la Madonna del Soccorso, si scorge nel panorama il profilo di Siena. A una manciata di chilometri, in un prato tra gli olivi, sullo sfondo di un poggio boscoso spicca quale solitario gioiello l’abbazia di S. Antimo, capolavoro romanico d’influsso cistercense.
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