Approfondimento

Due passi ad Ala, sulla via del velluto

Due passi ad Ala, sulla via del velluto

Raffinatezza, classe ed eleganza. Ma anche tradizioni e storie di viaggi. Dietro le morbide trame del velluto si celano alcune tra le più importanti vicende del nostro Settecento che vide nella deliziosa cittadina di Ala, in Trentino, un centro di scambio e commercio del prezioso tessuto.
Già nel 1400, durante la dominazione veneziana, nella cittadina giunsero le tecniche di coltivazione del gelso e dell’allevamento del baco da seta che si diffusero a macchia d’olio nel corso del 1500 per dar via, nel XVII secolo all’intensiva produzione dei velluti di seta, destinati ai mercati europei. 

  La grande forza di Ala stava nel suo essere geograficamente strategica: fu per tempo passaggio quasi obbligato per i viaggiatori, non era raro che ospitasse principi e re durante il transito tra l’Italia e l’impero Astro-ungarico e che molti di questi, come Giuseppe II d’Asburgo che riconobbe all’operoso borgo l’appellativo onorario di Città, rimanessero colpiti dalla raffinatezza delle trame sapientemente lavorate ad Ala.

Son tanti gli angoli e gli scorci che raccontano di questo legame e, quasi simbolici, i palazzi de’ Pizzini, in via Santa Caterina, due imponenti costruzioni che richiamano l’epopea d’oro dei velluti e della seta. La famiglia dei Pizzini, originaria di Castellano, giunse ad Ala verso la fine dei Cinquecento e qui, inizialmente, i suoi membri svolsero l’attività di molinarj e riuscirono, grazie ai cospicui proventi derivanti dal commercio del velluto, ad edificare i due palazzi. La struttura più antica, attualmente sede del Museo del pianoforte antico e dell’Accademia internazionale di interpretazione musicale su strumenti d’epoca, risale alla seconda metà del XVII secolo. Fulgido esempio di architettura barocca il secondo palazzo de’ Pizzini che ospitò, tra i tanti vip del tempo, anche i reali d’Austria (Francesco I e Maria Teresa), numerosi altri imperatori e principi, intellettuali e artisti come W. A. Mozart durante i suoi molteplici soggiorni italiani.

Una lunga storia di fascino, suggestione e musica

Ad una storia di gran fascino e allo stretto legame con la musica e il barocco Ala dedica tutte le estati la manifestazione Ala città di velluto. Per tre giorni, nel centro storico della cittadina, perfettamente conservato, passato e presente si confondono e i vicoli pullulano di guide e figuranti in abiti settecenteschi, musicisti, danzatori e artisti che guidano il visitatore alla scoperta della grande stagione della bachicoltura e della seta. Per questa imperdibile occasione le vie, le corti e le piazze divengono palcoscenico per eventi e spettacoli e nelle locande si possono degustare vini e pietanze del passato. Eleganti dame scrivono parole d'amore e d'amicizia sulle pergamene, altre offrono ristoro con bevande colorate e fresche; le lavandaie stendono le lenzuola al sole mentre acrobati, ballerini e musicisti si preparano per allettare, come nel Settecento, i nobili radunati nei loro cortili. I vellutai danno sfoggio delle tecniche dell'arte della tessitura e nelle vie si diffondono i profumi dei piatti tipici.

Chi avesse l’occasione di visitare Ala al di fuori della manifestazione, potrà comunque scoprirne la storia e le particolarità e comprendere l’importanza che la cittadina ricopriva durante il Settecento e nelle epoche precedenti. Partiamo dalla particolare etimologia del nome dove i pareri si moltiplicano. Ala potrebbe riferirsi a “un’ala” dell’esercito romano stanziato nella zona o dal tedesco “Hall”, palazzo per merci. In entrambi i casi esiste una corrispondenza storica ma per ora, ad esser certa, è la prima citazione del borgo in un documento dell’anno 881. La struttura bipolare del centro, suddiviso in una parte più antica che sorgeva intorno al castrum e a un nucleo abitato moderno nella parte bassa, il suburbium,  databile al medioevo.  A quest’epoca risale anche l’edificazione delle “bastite”, torri di legno che sorgevano nell’area, che ancora oggi ne ricorda, nel nome,Bastie, la presenza.

La conformazione urbanistica rifletteva la composizione della società: da una parte stavano i tererj, impegnati nell’agricoltura di sussistenza, nella coltivazione del bosco e nella pastorizia; dall’altra invece i foresi, abitanti e commercianti provenienti dall’esterno, divenuti ricchi grazie alle attività produttive e commerciali che sfruttavano la presenza dell’arteria dell’Adige e la vicinanza delle città di Verona e Bolzano. Nel 1401 Ala diviene comunità indipendente ma dal 1440 insieme ai territori di Avio, Brentonico e Mori diviene parte di un’unica giurisdizione territoriale, i Quattro Vicariati.

  L'inizio dell'età del benessere coincise con l’introduzione dell’industria tessile e lo sviluppo intensivo della lavorazione della lana, della canapa e della seta. Tale innovazione corrispose ad una sempre maggiore vivacità del borgo ed al successivo allargamento verso Via Nuova e fino allo Spiàz (oggi Piazza Giovanni XXIII) con la costruzione del convento dei padri Cappuccini. Nei pressi del torrente, vero fulcro della pulitura e lavorazione dei bozzoli di seta sorsero nuovi filatoi, qualche tintoria e una conceria per le pelli. Il centro storico pullulava di vita e venne impreziosito con la costruzione dei nuovi palazzi appartenenti alla famiglie più potenti, Pizzini, Angelini, Malfatti, Gresta e Taddei, testimoni e artefici di molti  simboli di questa età d’oro. Ancora oggi, passeggiando nelle vie del corso, palazzi, dettagli di varie epoche e insegne parlano di questo passato glorioso. Come nel caso di Via Nuova dove troviamo il palazzo Malfatti –Scherer con la sua facciata neoclassica e, pochi metri più avanti, sulla sinistra, il cortile della Vecchia Locanda che, rimasta attiva sino agli anni Ottanta, fu un frequentato luogo di ristoro per i viaggiatori dove veniva effettuato inoltre il cambio dei cavalli alle messaggerie. Da Piazza Cantore che accoglie il palazzo Angelini e la fontana monumentale di Mosè realizzata nel 1761 su esplicita richiesta dei residente di via Nuova,  si apre Via Vellutai che nel XVIII secolo ospitava le botteghe e che oggi conduce, attraversando Via XXVII maggio, nel cuore della città di velluto dove anticamente passava la Roxa, o Roza, nominata in documenti d’archivio nel 1448. Qui è’ ancora visibile l’antico filatoio che, come tanti altri al temine dell’età della seta, venne trasformato in panificio (altri filatoi divennero macelli, mulini ecc…). Tracce della Roggia si ritrovano ancora  in Via Sentaruolo e lungo l’antica via per la Val Bona dove sta il Piòcio che ospitava una struttura d’ingegno idraulico che serviva per salvaguardare la Roggia da eventuali penetrazioni di acqua o detriti. Il vero centro politico e religioso della città era e rimane Piazza San Giovanni dove si trovano le strutture più rappresentative della comunità: la sede municipale e la chiesa di San Giovanni. In Via Romana ancora un esempio di architettura locale, Palazzo Zanderighi, sede della biblioteca comunale che ospitò nel 1565 San Carlo Borromeo. Proseguendo per Villalta è possibile ammirare  la fontana della Gioppa con l’ala, simbolo della città, e la parrocchiale di Santa Maria Assunta

Tra leggenda e suggestione, come tipico di questo borgo, merita infine una visita alla piccola chiesa romanica di San Pietro in Bosco dove, secondo la leggenda, si incontrarono la regina Teodolinda e il suo futuro sposo, Autari, re dei Longobardi.